Il lato oscuro del mondo omosessuale nella Roma del 1970 emerge prepotente da questo film che lacera, con leggera irriverenza, la coscienza dello spettatore, entrando nella storia del cinema italiano e in quella dei suoi gender movies. Il racconto, una forte denuncia sociale per l’epoca, è quello che riguarda un gruppo di travestiti medio borghese che ha superato la mezza età.
La fragilità, la complicità, la ricerca disperata d’amore viene infranta per tutta la durata del film da una serie di nefasti eventi che sono in realtà un triste compromesso sociale a cui i protagonisti sono costretti, «come fosse la forza del destino».
Un quadro drammatico, grottesco e ridicolo, impietoso e sarcastico esibisce i personaggi che provengono da un mondo sommerso, notturno, scomodo, eppure quanto mai vivo e impregnato da una pallida nostalgica voglia di vita.
La produzione della pellicola è italo-francese, caso raro per i gender movies italiani, la regia è dell’eclettico Vittorio Caprioli, che nel film recita in modo straordinario il ruolo di una guardia che è anche un travestito dal nome “Bambola di Pechino”, una Kiki de Montparnasse tragicamente esasperata. Nel cast il ruolo del commissario cinico e fascinoso – che indaga su traffici della malavita – è interpretato dal francese Maurice Ronet. La bionda Jenny Tamburi, nel film Mimmina, è un’irrequieta e spregiudicata ragazza cresciuta come una figlia dal protagonista assoluto della pellicola: Ugo Tognazzi, alias Alessio.
L’omicidio di un colonnello che di notte batteva il marciapiede indossando una parrucca bionda apre la pellicola. Poco dopo – non è un caso a mio avviso – la scena si sposta all’interno una macelleria in cui trionfano macabri resti animali che ricordano le tele di Soutine, metafora per i corpi – e le anime – di quanti cerchino amore attraverso il battuage.
Le scene sono girate per lo più di notte, anche all’interno della casa del protagonista Madame Royale. L’arredamento è kitsch, pesante, colmo di elementi superflui e in contrasto tra loro che in quel confuso insieme ridicolizzano aspetti comuni e mediocri del vivere italiano. Tra gli altri, si osservano un poster di calciatori appeso al muro insieme alle immagini della Regina Elena di Savoia e Maria José, oltre alle immancabili sbiadite foto ricordo di famiglia. Soprammobili demodé «zuppiere, tazze e chicchere» varie.
Scene. Costumi. Musiche
Le scene e i costumi, belli davvero nella loro spietata cruda veridicità, sono di Pier Luigi Pizzi. Le pellicce di Fendi. Il fascinoso e spietato commissario «dagli occhi chiari» invece, rigoroso e disumano antagonista, veste completi grigio scuro firmati Piattelli. Le musiche, intense anche queste, immergono nella realtà del tempo, tragicamente comica, e sono composte da Fiorenzo Carpi, dirette dal bravissimo Bruno Nicolai. Ci sono inoltre anche due canzoni opera del regista Caprioli: “Vecchio Mio” e “Quelle come me”.
Il ruolo interpretato da Tognazzi è tutt’altro che facile, eppure lui risulta straordinario. È sbalorditivo e credibilissimo nella sua recitazione. Anima buona e sola, disperatamente ricerca affetto da sua sorella che non è in grado di dargliene ricambiandolo invece con una serie di guai che man mano diverranno insormontabili, facendogli espiare peccati mai commessi.
La splendida scena comica e sarcastica iniziale, con la comitiva di travestiti che affolla il Colosseo, anticipa commoventi spaccati di vita comune che illuminano la inconsolabile realtà di chi – come il protagonista – è costretto a vivere ai margini della società. Per le feste che dà in casa, appuntamento settimanale, Alessio – ex ballerino ora corniciaio – si trasforma in Madame Royale e indossa sgargianti abiti da quattro soldi che rievocano quelli di Maria Antonietta. Ciascuno dei presenti è una maschera di se stesso, le piume di struzzo, i kimono dal gusto orientale, gli strass e le parrucche incipriate sono metafora del triste carnevale di quella esistenza umana.
Non voglio entrare in ulteriori dettagli né svelare il finale per quanti non abbiano ancora visto questo film, poco ricordato eppure significativo, felliniano e pasoliniano per certi aspetti, divertente e drammatico lascia un senso di incompresa solitudine, come la vita dei protagonisti.
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Gender Movies from Italian Cinema.
1970. The dark side of the homosexual world in Rome emerges domineeringly from this film which tears, with slight irreverence, the viewer’s conscience, entering fully into the history of Italian gender movies. This story, a strong social complaint for the time, is that of a middle-class group of transvestites who has passed the middle age.
The fragility, the complicity, the desperate search for love is shattered for the entire duration of the film by a series of nefarious events which are actually a sad social compromise to which the protagonists are forced, “as if it were the force of destiny” dramatic, grotesque and ridiculous, merciless and sarcastic picture shows the characters who come from a submerged, nocturnal, uncomfortable world, yet very alive and impregnated by a pale nostalgic desire for life.
An Italian iconic film for the Gender Movies trend
It is an Italian-French production, unusual case for the Italian gender movies trend. It’s directed by the eclectic Vittorio Caprioli, who in the film plays the role of a guard who is also a transvestite named “Beijing Doll”, a tragically exasperated Kiki de Montparnasse. In the cast, the role of the cynical and fascinating commissioner – who investigates the trafficking of the underworld – is played by Maurice Ronet. The blonde Jenny Tamburi, as “Mimmina”, is a restless and unscrupulous girl raised as a daughter by the absolute protagonist of the movie: Ugo Tognazzi, aka Alessio.
The murder of a colonel who hit the sidewalk at night wearing a blonde wig opens the film. Shortly thereafter – it is no coincidence in my opinion – the scene moves inside a butcher shop where macabre animal remains triumph reminiscent of Soutine’s canvases, a metaphor for the bodies – and the souls – of those who seek love through battuage.
The scenes are mostly shot at night, even inside the home of the protagonist “Madame Royale”. The furniture is kitschy, heavy, full of superfluous and contrasting elements that in that confused together ridicule common and mediocre aspects of Italian life.
Among others, there is a poster of footballers hanging on the wall together with images of italian Queen Elena of Savoy and Maria José, in addition to the inevitable faded family souvenir photos. Various “tureens, cups and little cups” demodé ornaments.
Scenes. Costumes. Soundtrack
Costumes and scenes, truly beautiful in their ruthless raw truthfulness, are by Pier Luigi Pizzi. The furs of Fendi, while the charming and ruthless “light-eyed” commissioner, on the other hand, rigorous and inhuman antagonist, wears dark gray suits by Piattelli. The music, intense also these, immerse in the reality of the time, tragically comic, and are composed by Fiorenzo Carpi, directed by the talented Bruno Nicolai. There are also two songs by the director Caprioli: “Vecchio Mio” and “Quelle come me”.
The role played by Tognazzi is far from easy, yet he is extraordinary. He is stunning and highly credible in his acting. A good and lonely soul, desperately looking for affection from his sister who is unable to give him back instead with a series of troubles that will gradually become insurmountable, making him atone for sins never committed. which crowds the Colosseum, anticipates moving sections of common life that illuminate the inconsolable reality of those who – like the protagonist – are forced to live on the margins of society.
For the parties he gives at home, weekly appointment, Alessio – former dancer now a framer – turns into Madame Royale and wears bright cheap and kitsch clothes that recall those of Marie Antoinette. Each of those present is a mask of himself, ostrich feathers, kimonos with an oriental taste, rhinestones and powdered wigs are a metaphor for the sad carnival of that human existence.
I don’t want to go into further details or reveal the ending have still seen this film, little remembered yet significant, Fellini and Pasolini in some aspects, fun and dramatic, leaves a sense of misunderstood solitude, like the life of the protagonists. Follow my blog.









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