Il bellissimo nobile russo Felix Yusupov reo dell’assassinio dell’enigmatico Rasputin.
Non svelò mai pubblicamente la propria omosessualità né i motivi reali che lo spinsero a uccidere il “consigliere” dello Zar.
Impunito e arricchito, condusse una vita frivola e all’eccesso, dandy aristocratico e vanitoso cercò di dar luce al proprio smodato ego dilettandosi nel campo della moda e del cinema.
Nel 1967 scrisse e codiresse il film “J’ai tué Raspoutine“, regia di Robert Hossein (nel ruolo di sua moglie Irina Romanov la bellissima ma algida Ira von Fürstenberg).
Da questa pellicola emerge tutta la boria e la fragilità di Felix, che in una sorta di perversa esorcizzazione del male fece rivivere attraverso gli attori istruiti ad hoc i momenti dell’assassinio.
Felix scelse personalmente i componenti del cast, e insegnò loro certi gesti, movenze eleganti e perfino alcuni tic, tipici di lui e di Irina.
Non uno psicodramma liberatorio di chi non riuscì a metabolizzare un trauma, ma l’ennesima rappresentazione narcisistica attraverso la quale immortalare se stesso tramite cloni creati con raffinata abilità.
In tal modo l’ormai vecchio Felix cercò di riconsegnare alla storia l’omicidio del carismatico guaritore siberiano facendolo passare per un gesto eroico e virile, nascondendo fino alla fine la pulsione sentimentale ed erotica che a mio avviso lo spinse a compiere il gesto.
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